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Valerio Terraroli

02 Mar 2017, ore 21:00

Uno spazio nero, profondo, linee ortogonali dorate che definiscono il recinto claustrofobico di una gabbia, un trono antico e, seduta in esso, la figura di un pontefice, immobile, ma urlante. L’opera risale al 1953 ed è una delle più forti e inquietanti invenzioni del pittore anglo-irlandese Francis Bacon. Non una semplice rivisitazione, né, tantomeno, una citazione, ma, al contrario, una complessa e tragica rimeditazione del capolavoro Ritratto di papa Innocenzo X dipinto nel 1650 dallo spagnolo Diego Velàzquez e conservato nella galleria Doria Pamphilij a Roma.
Bacon è stato uno dei più grandi artisti della seconda metà del Novecento, capace di lacerare l’oscurità con tagli di luce che rivelano, anche se per un solo istante, la brutalità, la violenza, la forza e la bellezza convulse della vita per trasformarle in una visione assoluta e, per ciò stesso, eterna.


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