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Fondazione Palazzo Ducale Genova
Sala Liguria
30 novembre 2018 – 6 gennaio 2019
PROROGATA AL 20 GENNAIO
da lunedì a venerdì, ore 9-19
sabato, domenica e festivi ore 11-19
martedì 25 dicembre chiuso
Ingresso libero
Per i novant’anni dalla nascita, a Genova il 30 novembre 1928, Tortora non è soltanto la vittima di un’inchiesta giudiziaria né il recordman di “Portobello”, ma il testimone di un profondo cambiamento della società italiana. In mostra molte dichiarazioni, aforismi e invettive, ma anche consigli di un padre alle figlie. Il suo mondo borghese e conservatore è raffigurato per contrapposti: i versi di John Lennon e Bruce Springsteen, la parole controcorrente di Pier Paolo Pasolini, gli strali fulminanti di Groucho Marx. Risuonerà il rimbombo delle sue provocazioni, dei licenziamenti dalla Rai, delle intuizioni di stile e del fortissimo senso popolare che lo avvicinano a grandi entertainer americani come Ed Sullivan, Johnny Carson, David Letterman, Jimmy Fallon, ben rappresentati in una bandiera americana ricomposta con i loro volti. Un ricordo non può escludere i mondi paralleli a Tortora: in un monitor stralci di grande cinema italiano, da Risi a Lizzani, Rosi e Fellini, la ricostruzione dell’arresto nel 1983, il ritorno in televisione nel 1987. In una cella di prigione, parte dell’allestimento, si potranno leggere, come graffiti, estratti delle lettere che Tortora scrisse alla figlia Silvia, raccolte nel libro Cara Silvia edito da Marsilio. Infine la versione punk del pappagallo di “Portobello” vuole augurargli un affettuoso buon compleanno.
Il coraggio perbene
Questa mostra è un tributo al coraggio. Non alla cronaca. O alla storia di un grande entertainer della televisione. Succede spesso che un artista venga apprezzato lontano dal suo tempo. Enzo Tortora è stato un grande innovatore. Non solo per come ha fatto televisione, ma per come è riuscito a essere moderato
e prendere anche qualche abbaglio senza perdere mai dignità o coerenza professionale. È facile, oggi, farne ancora il simbolo di una stagione di vittime della
macchina giudiziaria. Tortora voleva giustizia, cambiare le storture di un sistema drammaticamente evidenti. Ma rimaneva soprattutto un uomo perbene, conservatore, eppure vicino, nel momento più drammatico della sua esistenza, a idee radicali. Non vedo alcuna contraddizione. Oggi non sarebbe possibile.
Tortora riusciva a essere popolare nel perimetro borghese di buone letture, maniere affabili, convinzioni severe su onestà, corruzione, rispetto per gli altri. E’ un paradosso, ma ha fatto più denunce, sfide e cambiamenti professionali nei primi trent’anni di carriera che nel tragico decennio successivo, dominato dal fenomeno “Portobello” e dalle infamanti accuse di essere affiliato alla camorra. Se le lettere alle figlie – conosciamo solo quelle a Silvia, ma ne ha scritte, non meno importanti, anche a Gaia – e se l’attività di parlamentare a Strasburgo, brevissima, ci restituiscono ogni giorno la memoria di una persona perbene, la lezione televisiva, dove la sobrietà sosteneva un carattere indomito, secondo gli avversari persino irritante, è indimenticabile.
Renato Tortarolo
Mostra a cura di Renato Tortarolo, realizzazione It’s only Rock by Renato Tortarolo