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Quando

da lunedì a venerdì, ore 10-19
sabato e domenica, ore 11-19

Dove

Sala Liguria

Informazioni

ingresso libero

Fondazione Palazzo Ducale Genova

Reportage dal centro di maternità di Emergency nella valle del Panjshir
dal 31 marzo al 1° maggio, Sala Liguria

La mostra fotografica AFGHANA di Laura Salvinelli documenta quella che a molti era sembrata «una pazzia», ovvero la scelta di EMERGENCY di dare vita a un centro di maternità nell’isolata Valle del Panjshir. Avviato nel 2003, il Centro si è dimostrato una struttura necessaria e fondamentale per la salute materno-infantile dell’area, offrendo gratuitamente assistenza ginecologica, ostetrica e neonatale in un Paese dove la mortalità materna è 99 volte più alta di quella registrata in Italia e il tasso di mortalità infantile è 47 volte più alto. L’importanza del Centro non riguarda soltanto la prevenzione e l’assistenza sanitaria: la maternità di Anabah è anche un polo formativo per il personale afghano, tutto al femminile.

Il lavoro di Laura Salvinelli, realizzato nel 2019, ci conduce in un’oasi protetta di donne per le donne. Qui lo staff locale e le pazienti possono dedicarsi a sé: le prime trovano nello studio e nel lavoro un’autostima insperata nonché un importante ruolo sociale; mentre le seconde, libere dalle pressioni esterne (i parenti non sono ammessi), vivono un momento di libertà inaspettata. All’esterno le carcasse dei carri armati testimoniano una guerra senza fine. Il percorso della mostra ci accompagna nel buio della sala parto: le luci di taglio ne svelano man mano i dettagli, fino alla danza finale del nuovo nato.

Cosa rimarrà di tutto questo ora che i talebani hanno riconquistato il potere? Per ora EMERGENCY non lascia l’Afghanistan, ma cosa accadrà alle donne afghane dello staff? Potranno continuare a lavorare? L’appello della Ong a «non abbassare l’attenzione mediatica e politica su quello che sta accadendo» va sostenuto. Così avrebbe voluto Gino Strada.


Fotografie di Laura Salvinelli
Testi e cura di Virginia Vicario


Reportrait: così Laura Salvinelli definisce il suo lavoro, che fonde l’empatia senza tempo del ritratto all’urgenza del reportage umanitario. Raffinata ritrattista di attori e musicisti fin dal 1982, amante dei viaggi in Oriente, per lei l’11 settembre 2001 rappresenta una svolta: il desiderio a lungo covato di porre l’estetica a servizio dell’etica, mettendosi a disposizione del mondo umanitario, non è più procrastinabile.

Appena può parte per l’Afghanistan e da allora seguiranno diversi reportages – di cui spesso cura anche i testi – dall’Asia e dall’Africa, collaborando a stretto contatto con le organizzazioni umanitarie. Pubblicata da giornali e riviste come Alias – il manifesto, Internazionale ed Elle, fra le sue mostre ricordiamo: La Cura (2004) sull’Afghanistan; Sulla Prima Nobile Verità. Ritratti di guerra, esilio e rinuncia (2005) sul continente asiatico; Congo Reportraits (2007) sulla Repubblica Democratica del Congo; Indiana. Reportage dal più grande sindacato di lavoratrici autonome indiane (2008) con i testi di Mariella Gramaglia; In the Eye of a Woman per la World Bank, Washington D.C. (2007); Stop TB! per la World Health Organization, Hannover (2013); la collettiva Female Genital Mutilation 68 MILLION GIRLS AT RISK per Dysturb e United Nations Population Fund, New York City (2019).

Adottando un approccio rispettoso dei tempi e dei modi delle persone ritratte, le fotografie di Laura Salvinelli ci raccontano di luoghi e vicende apparentemente lontani per riportarci lentamente a noi stessi. Esempio lampante sono le opere oggi in mostra, testimonianza di un desiderio di vita che tutti accomuna. Da qui la scelta di accompagnare le scene del parto con brani tratti dalle poesie di Galal-ad-din Rumi, poeta mistico persiano nato nel 1207 a Balkh, attuale Afghanistan, ma dall’afflato universale.

Nell’ambito de la Storia in Piazza XI edizione, Raccontare la Storia

Per accedere alla mostra è richiesta la mascherina chirurgica
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