Questo sito Web utilizza i cookie in modo da poterti offrire la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser e svolgono funzioni come riconoscerti quando torni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web ritieni più interessanti e utili.
Fondazione Palazzo Ducale Genova
Il Polittico Stefaneschi è una delle opere più celebri di Giotto. Prende il nome dal cardinale Jacopo Caetani Stefaneschi, che commissionò l’opera a Giotto, al prezzo di ottocento fiorini d’oro. Una cifra davvero ragguardevole per l’epoca, se si pensa che un buon cavallo da lavoro lo si poteva pagare al massimo tre o quattro fiorini e che la paga annuale di un operaio specializzato difficilmente superava i dieci. Ma il prezzo cospicuo non deve sorprendere, considerato che Giotto era in quel momento l’artista più celebre e meglio pagato d’Italia. Lavorava per i francescani di Assisi e per i magnati fiorentini, e oltre al papa di Roma, erano suoi clienti i Visconti di Milano, gli Angiò di Napoli e il ricchissimo banchiere Enrico Scrovegni, per il quale aveva affrescato la Cappella dell’Arena a Padova.
Però questo, il polittico “double face”, dipinto su due lati, era l’impresa più prestigiosa della sua carriera. Perché era destinato ad essere collocato sull’altar maggiore della Basilica di San Pietro, sopra la tomba del Principe degli Apostoli, nel luogo più sacro della Cristianità. Lì, dove oggi c’è l’Altare della Confessione sovrastato dal baldacchino in bronzo del Bernini, lì, nel cuore della antica San Pietro, era collocato il polittico di Giotto documentato (certificava una iscrizione oggi perduta) all’anno 1320. Così, brillante di lacche colorate e di vernici traslucide lo videro Francesco Petrarca e il Boccaccio, Carlo VIII Valois e Martin Lutero, il giovane Michelangelo e Raffaello.
Rassegna I capolavori raccontati