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Dove

Appartamento del Doge

Fondazione Palazzo Ducale Genova

Mostra a cura della Fondazione Schiffini
 
Introduzione alla Mostra Dal 2 febbraio al 3 marzo 2003, a Palazzo Ducale di Genova, si svolge una mostra “Vico Magistretti. Il design dagli anni Cinquanta a oggi”, che vuole rendere omaggio all’opera dell’architetto Vico Magistretti, uno dei più illustri protagonisti di quel fenomeno culturale e produttivo, l’Italian Design, che ebbe inizio nell’immediato dopoguerra e lanciò lo stile della casa italiana nel mondo. Questa mostra racconta quello speciale rapporto tra produttori e designers, fondato su una stretta collaborazione, che ha fatto del design italiano un fenomeno unico al mondo per dinamicità e per durata nel tempo.
Oltre 70 prodotti di design industriale, progettati da Vico Magistretti per le più importanti aziende italiane e straniere del l’arredamento, saranno esposti nel Loggiato e nell’Appartamento del Doge, al piano nobile di Palazzo Ducale.
Il percorso espositivo copre un arco di oltre cinquant’anni e propone le tappe più importanti del lavoro di Vico Magistretti, dal 1946 al 2003. Esposti nella mostra, i prodotti più significativi disegnati per la produzione di serie: sono sedie, lampade, tavoli, letti, cucine, armadi, librerie, oggetti reinventati nell’uso e nelle forme, secondo lo stile misurato ed elegante di Magistretti.
Quasi tutti sono ancora in produzione e continuano ad essere dei bestsellers. A conferma che “un oggetto di buon design deve durare a lungo, 50 o anche 100 anni”, come sostiene lo stesso Magistretti.
La mostra nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Schiffini, Comune di Genova e Palazzo Ducale di Genova, che sono promotori dell’evento, con il contributo di Cosmit, organizzatore del Salone Internazionale di Milano, e con il patrocinio del Comune di Genova. Sponsor della mostra sono Schiffini Mobili Cucine, Flou, e la rivista Casamica della Rcs periodici.
 
Tema della Mostra
“Design è anche guardare gli oggetti di tutti i giorni con occhio curioso”.
È una delle frasi di Vico Magistretti, che scandiscono il percorso della Mostra ed esprimono le sue riflessioni sul design.
Vico Magistretti, progettista di fama internazionale, fa parte di quella scuola milanese di architetti che, affascinati dal design e dalla produzione per la grande serie, già nella seconda metà degli anni Quaranta, collaborano attivamente con le aziende che producono mobili e oggetti d’arredamento. L’Italian Design nasce allora e si sviluppa negli anni Sessanta, in quel periodo di grande fermento creativo che trova il suo punto di forza nel rapporto di stretta collaborazione tra designers e produttori. È da questo intenso scambio di idee e di esperienze che ha origine un nuovo tipo di approccio progettuale, basato sulla produzione per il grande numero. Dalle idee e dalla matita di Vico Magistretti nascono progetti innovativi destinati a rivoluzionare la produzione d’arredo in Italia, influendo in modo determinante anche sul gusto degli italiani e sulle loro abitudini. Nasce così un modo nuovo di concepire gli oggetti di tutti i giorni che, rinnovati nella forma e nell’uso, sono destinati a diventare dei bestseller in tutto il mondo.
“Nel design ciò che conta è il concetto espresso con uno schizzo”.
Da uno schizzo alla forma concreta: Magistretti non ha mai fatto disegni tecnici, ma schizzi che esprimono un’idea. Convinto che certi pezzi siano concettualmente così chiari e semplici da poter essere comunicati per telefono. E gli schizzi, a volte tracciati casualmente sul retro di una busta o su un biglietto della metropolitana, sottolineano tutto il percorso espositivo.
È il suo personale modo di lavorare, colloquiando con i tecnici e con i produttori, per un confronto e uno scambio di idee sulla realizzazione di un prodotto: “Design vuol dire anche parlare assieme”.
Per la sua formazione razionalista Vico Magistretti è sempre stato interessato al design per la grande serie, al grande numero destinato a un vasto pubblico: affascinato dalla riproducibilità di un oggetto più che dall’unicità di un singolo pezzo.
“Negli anni Sessanta la produzione di serie è stata un passaggio chiave per l’Italian Design, che ha avuto la fortuna di realizzare il criterio sociale del Bauhaus: produrre mobili per tutti”.
 
Percorso e contenuti
Nel progetto di allestimento, mobili e oggetti sono collocati su grandi pedane quadrate (sollevate 20 centimetri da terra) che scandiscono il percorso espositivo. Il grande numero dei pezzi esposti evidenzia il concetto di ripetitività per la produzione di serie: pile di sedie, fitte sequenze di lampade, boschetti di oggetti che la collocazione rende presenze quasi astratte. Tutti i prodotti sono esposti in ordine cronologico, suddivisi per decenni. Degli anni del dopoguerra sono esposti 3 pezzi storici. Si parte dal 1946, anno in cui Vico Magistretti disegnò una poltroncina pieghevole in tela per la Rima (Riunione Italiana per le Mostre di Arredamento), da esporre nel palazzo della Triennale, a Milano. Dello stesso anno, il progetto di una libreria-scaletta che verrà presentata a una mostra organizzata da Fede Cheti nel 1948-49, alla quale Magistretti partecipa, insieme ad Achille Castiglioni, Marco Zanuso, Ignazio Gardella, Franco Albini.
Sono del 1949, invece, i tavolini in legno sovrapponibili prodotti da Azucena, un’azienda fondata dagli amici Ignazio Gardella e Luigi Caccia Dominioni.
Poi, negli anni Cinquanta, una pausa: Magistretti si dedica soprattutto all’architettura. Ma è negli anni Sessanta che, anticipando con intuizione le nuove esigenze abitative, disegna alcuni degli oggetti più noti al grande pubblico: pezzi che sono entrati a far parte della vita quotidiana di molte persone. Come la sedia Carimate che viene messa in produzione nel 1960, grazie a un dinamico imprenditore dell’epoca, Cesare Cassina che ne intuisce le potenzialità. La sedia diventerà il simbolo della Swinging London e la sedia dei Beatles. Qualche anno dopo, nel 1965, un altro successo: la piccola lampada Eclisse, versatile e colorata, prodotta per Artemide da un altro imprenditore illuminato, Ernesto Gismondi. Lo stesso che, nel 1969, produce una sedia rivoluzionaria in plastica stampata, Selene, uno dei pezzi di Magistretti più venduti al mondo. È del 1966 anche la prima cucina disegnata per Schiffini, Timo: inedita perché ha la presa della maniglia invisibile, nascosta nel profilo del telaio dell’antina. Una vera innovazione tecnica e formale.
Seguono gli anni Settanta, testimoni di una proficua collaborazione tra Magistretti e le industrie più importanti: nascono in quel periodo, la geometrica lampada Atollo, ancora oggi uno status symbol (Oluce,1977); la libreria Nuvola Rossa (Cassina,1977); il divano Maralunga con l’innovativo poggiatesta morbido, reclinabile sullo schienale (Cassina,1973).
Ma è il primo letto tessile, Nathalie (Flou, 1978), completamente sfoderabile, da vestire e svestire a piacere, che rivoluzionerà il modo di concepire il letto.
Del 1981 è invece il divano più provocatorio e, forse per questo, il più amato da Magistretti, Sinbad di Cassina: una semplice coperta da cavallo nei colori delle scuderie inglesi, “posata” elegantemente su una struttura imbottita.
Gli anni Ottanta vedono la collaborazione con De Padova che dà origine a tanti progetti significativi, come il tavolo Vidun (1987), la sedia Silver (1989).
Vico Magistretti ha disegnato molte sedie: negli anni Novanta nascono alcune fra le sue sedie più vendute, come la Maui per la Kartell nel 1996; la Vicocone (1994) e la Vicoduo (1997) disegnate per l’azienda danese Fritz Hansen. A questa feconda stagione appartengono anche i mobili trasformisti progettati per Campeggi: Ospite letto del 1996, l’appendiabiti Broomstick.
Magistretti arriva senza soste al Duemila, progettando ancora nuovi prodotti. L’ultima lampada per Fontana Arte, del 2003, è un’applique che si chiama Bruco. E poi, sono in cantiere una nuova sedia per De Padova e una per la Thonet.
Se si pensa che quasi l’80% dei pezzi che Magistretti ha disegnato sono tutt’ora in produzione, si capisce che i prodotti più significativi sono anche quelli che hanno fatto la storia delle aziende per le quali Magistretti li ha progettati.
Disegnare per tutti: questo il suo obiettivo. Convinto com’è che il design sia un processo concettuale, e abbia – rispetto all’architettura – un legame molto più diretto con la realtà “perchè entra nelle case della gente”.