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Loggia degli Abati

Fondazione Palazzo Ducale Genova

Mostra a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone
 
La mostra ricostruisce la storia della MITA, la Manifattura Italiana Tappeti Artistici fondata a Genova Nervi da Mario Alberto Ponis nel 1926 e attiva fino ai primi anni Settanta.
Figura originale e dalle spiccate capacità imprenditoriali, Ponis aprì a Nervi un laboratorio per la produzione di tappeti in lana annodata che ben presto si specializzò anche in arazzi e successivamente in tessuti d’arredamento. A collaborare alla sua impresa chiamò alcuni tra gli artisti più importanti del periodo: Fortunato Depero, Arturo Martini, Gustavo Pulitzer, Gio Ponti e gli architetti del Novecento milanese (Tomaso Buzzi, Paolo Buffa, Emilio Lancia, Gigiotti Zanini) e poi Mario Sironi, Oscar e Fausto Saccorotti, Emanuele Rambaldi, Eugenio Carmi, Flavio Costantini, Emanuele Luzzati, Enrico Paulucci, Arnaldo Pomodoro, Emilio Scanavino, Ettore Sottsass Jr. e Luigi Vietti.
La mostra intende dare conto della complessiva attività della manifattura: dai tappeti degli anni trenta agli arazzi e ai tessuti del dopoguerra, spesso utilizzati per l’arredamento dei grandi transatlantici ma anche per la loro promozione commerciale, dal Conte Biancamano all’Andrea Doria sino alle ammiraglie della flotta Costa.
La MITA, inoltre, partecipò a molte delle principali esposizioni internazionali del periodo, dalle Triennali di Milano all’Expo di Parigi del 1937. Oltre alle tute per gli aviatori italiani durante la seconda guerra mondiale, Ponis brevettò anche un’imbarcazione a pedali e una piccola roulotte con apertura a cannocchiale. Infine, a progettare la nuova sede della manifattura, chiamò nel 1940 l’architetto razionalista genovese Luigi Carlo Daneri.
L’esposizione sarà accompagnata da un volume che ripercorre l’intera parabola creativa della MITA.

La mostra, curata da Matteo Fochessati e Gianni Franzone, è promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria.


La MITA 1926-1976
La MITA – Manifattura Italiana Tappeti Artistici (acronimo che si trasformerà in seguito in Manifattura Italiana Tessuti Artistici) fu fondata nell’ottobre del 1926 da Mario Alberto Ponis “con lo scopo di utilizzare dei nuovi ritrovati meccanici nella fabbricazione dei tappeti classici annodati a mano”. Dopo un’iniziale fase produttiva dedicata alla realizzazione di tappeti con disegni e decori non originali d’ispirazione orientale (uno dei modelli più richiesto era definito Smirne), Ponis iniziò a stringere rapporti di collaborazione con artisti e architetti, sperimentando attraverso il loro contributo innovativi temi stilistici e iconografici. Al di là dei significativi contatti intrattenuti con importanti esponenti futuristi – documentati in mostra dai bozzetti di Fortunato Depero, ma attestati anche dal suo legame d’amicizia con Fedele Azari o dalla vendita di tappeti MITA a Filippo Tommaso Marinetti e a Giacomo Balla – fondamentali risultarono, negli anni tra le due guerre, le sue collaborazioni con gli architetti milanesi: non solo Gio Ponti, che spesso frequentò la manifattura di Nervi promuovendone l’attività sulle pagine di “Domus”, ma anche Tomaso Buzzi, Paolo Buffa, Emilio Lancia e Gigiotti Zanini. Decisivo, in tale ambito, fu pure il rapporto instauratosi, a cavallo tra gli anni venti e trenta, con l’architetto genovese Mario Labò e con la DIANA (Decorazioni Industrie Artistiche Nuovi Arredamenti); ma altrettanto rilevante fu l’incontro con lo scultore Arturo Martini, di cui Mario Alberto Ponis conservava diverse opere in gesso e terracotta nella sua collezione d’arte privata.
Dopo la guerra – periodo in cui la MITA fu impegnata nella fabbricazione di tute e accessori per l’aeronautica militare – la manifattura nerviese si aprì, attraverso nuove collaborazioni, ad una più ampia fase produttiva. Con il graduale abbandono della tessitura dei tappeti, la MITA si specializzò infatti nella produzione di tessuti e di arazzi, eseguiti in particolare per conto di compagnie di navigazione o su commissioni pubbliche, come nel caso dell’arazzo di Aldo Bosco, realizzato tra il 1967 e il 1968 per la sala riunioni della nuova sede RAI di Genova.
Verso la fine degli anni cinquanta Ponis, che lungo tutto il suo intenso percorso imprenditoriale non smise mai di sperimentare nuove strade di ricerca artistica, lanciò – grazie ai contratti stipulati in quest’epoca con artisti come Enrico Paulucci, Emanuele Rambaldi, Oscar Saccorotti, Emanuele Luzzati, Leo Lionni, Eugenio Carmi, Emilio Scanavino e Arnaldo Pomodoro – diverse edizioni di pannelli a tiratura limitata che, stampati su canapa e lino, si presentavano come veri e propri multipli d’autore. Alla metà degli anni sessanta la peculiare vocazione della manifattura a diversificare continuamente la propria produzione fu infine documentata dalla realizzazione, sugli stessi motivi decorativi dei tessuti, di pannelli laminati per navi, vetture ferroviarie e arredi civili.
Tutte le opere, laddove non sia diversamente indicato, provengono dall’Archivio MITA – Nervi di M.A. Ponis, in comodato presso Wolfsoniana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Genova

La MITA in viaggio
Nell’ambito dell’ampia e diversificata produzione tessile della MITA, un posto di assoluto rilievo, merita la collaborazione con le principali compagnie di navigazione italiane e straniere. I primi interventi in questo campo risalgono agli anni tra le due guerre, quando la manifattura di Nervi eseguì diversi modelli di tappeti per la Navigazione Generale Italiana e la Sitmar.
La svolta in tale contesto produttivo avvenne tuttavia nel dopoguerra, in concomitanza con l’inizio della lunga e intensa collaborazione con i due principali progettisti italiani di interni navali: Gustavo Pulitzer Finali e Giovanni “Nino” Zoncada che, tra il 1947 e il 1948, si erano entrambi trasferiti a Genova. La partecipazione della MITA ai loro allestimenti ha inizio all’epoca della ristrutturazione e del riallestimento, per conto dell’Italia Società di Navigazione, del Conte Biancamano (1949). Per questo transatlantico la manifattura di Ponis eseguì infatti, su disegno di Mario Sironi, il grande arazzo a filo lungo di lana collocato sulla parete di fondo della sala di soggiorno di prima classe, progettata da Pulitzer. La MITA realizzò successivamente, su progetto dell’architetto triestino, l’arazzo di Michael Rachlis per la sala di lettura di prima classe della turbonave Andrea Doria, partita per il suo viaggio inaugurale verso New York il 14 gennaio 1953 e tragicamente affondata nell’Atlantico il 26 luglio 1956. Un altro importante arazzo di Enrico Ciuti fu quindi eseguito, sempre per Pulitzer, per la sala di soggiorno di prima classe del transatlantico Cristoforo Colombo, varato nel 1953.
Attraverso Zoncada, la MITA contribuì invece, in maniera determinante, all’affermazione dello stile Costa, collaborando agli apparati decorativi e all’interior design delle principali unità della flotta genovese: oltre alle tende in mistolino Mosca 58 di Emanuele Luzzati per la motonave Anna C. (1948); ai tessuti d’arredo Rosemarie di Oscar Saccorotti e Ginevra di Lele Luzzati per la motonave Franca C. (1965) e Cordoba di Enrico Paulucci per la Federico C. (1961), bisogna qui ricordare i due grandi arazzi Composizione astratta di Paulucci e Flauto magico di Luzzati per la Eugenio C. (1965-1966). Nel 1968, un anno dopo il suo celebre allestimento scenico per l’opera di Rossini al Maggio Musicale Fiorentino, Luzzati realizzò anche l’arazzo La gazza ladra per la Carla C. L’artista genovese, come altri collaboratori della MITA, fu infine autore dei disegni per i foulard ricordo commissionati dalle compagnie di navigazione e consegnati alle signore al termine delle crociere. Tra essi si ricordano in particolare quelli per le motonavi spagnole Cabo San Roque e Cabo San Vicente della società Ybarra y Cia di Siviglia (1960), i cui interni furono nuovamente progettati da Pulitzer.

Mario Alberto Ponis.
Imprenditore, inventore e collezionista

Uomo dai molti interessi e dai numerosi talenti, Mario Alberto Ponis (Firenze 1893 – Genova 1970) non fu solo l’abile imprenditore della MITA ma, seguendo la tradizione familiare – il padre Crescentino, impiegato alle ferrovie, coltivò la passione per la meccanica e le invenzioni, tra cui un chirotipografo e un idrociclo -, mise a punto una serie di brevetti assai eterogenei.
Oltre a ideare i modelli dei telai che vennero utilizzati nella manifattura, nel 1954 progettò la roulotte Chiocciola, “vettura letto a rimorchio di auto con tetto abbassabile”, che nello stesso anno venne presentata al XXXVI Salone internazionale dell’automobile di Torino.
Entusiasmatosi per il volo aereo fin da piccolo, da quando, in una sera di giugno del 1908, con il padre aveva assistito, sulla vecchia piazza d’armi di Torino, alle acrobazie dell’aviatore francese Ferdinand Marie Léon Delagrange, nel 1914 Mario Alberto superò il corso per allievi ufficiali piloti di complemento e, come aviatore, fu impegnato su vari fronti durante il primo conflitto mondiale. Nella seconda metà degli anni trenta, memore di tali esperienze e sfruttando il bellicistico clima politico nazionale, avviò una collaborazione con l’Aeronautica militare italiana, per cui brevettò e fece produrre dalla MITA tute da volo riscaldate, paracadute, sacchi viveri d’emergenza, salvagenti speciali e, con l’aiuto di Luigi Vietti, un particolare “elmetto metallico munito di mezzi di protezione contro il freddo e il caldo e di mimetizzazione”, che fecero la sua fortuna economica.
La sua collezione personale di opere d’arte, ancora in parte presso gli eredi, testimonia i rapporti e le amicizie che egli instaurò durante la sua lunga attività imprenditoriale. Dipinti di Oscar Saccorotti, Emanuele Rambaldi, Enrico Paulucci, Emilio Scanavino, Emanuele Luzzati, che disegnarono i modelli per i tessuti della MITA nel secondo dopoguerra, si affiancano alle opere di artisti vicini a Mario Labò con cui Ponis aveva stretto un legame professionale piuttosto movimentato agli inizi della sua avventura. Fu per il tramite di Labò che Ponis entrò in contatto con Arturo Martini nella seconda metà degli anni venti e proprio a quel periodo risalgono il pannello in gesso La tempesta (1926 circa) e la terracotta Le bagnanti (1927) che venne poi messa in produzione dalla ILCA (Industria Ligure Ceramiche Artistiche) – fondata a Nervi da Labò nel 1928 – e di cui un esemplare fece a lungo parte della collezione di Arturo Ottolenghi, la cui moglie tedesca, Herta Wedekind, disegnò bozzetti per tappeti della MITA.
Nel 1940, quando Ponis decise il trasferimento della ditta in un immobile più ampio e funzionale, affidò l’incarico a Luigi C. Daneri, che, nel panorama genovese, era il portatore delle istanze più moderne e aggiornate. L’edifico in via Santa Maria Assunta a Nervi, ancora oggi esistente, rivela infatti da parte dell’architetto l’adesione ai dettami del razionalismo italiano e del funzionalismo internazionale: volumi netti e puliti; colori chiari e materiali d’avanguardia, come il vetrocemento; finestre a nastro che svuotano le pareti perimetrali e permettono alla luce di inondare gli spazi di lavoro degli operai.

I tappeti della MITA
La Manifattura Italiana Tappeti Artistici venne aperta nell’ottobre del 1926 nei locali di via Campostano 3 a Genova Nervi. L’obiettivo di Ponis era chiaro fin dall’inizio: avviare una produzione meccanizzata dei tappeti annodati a mano per “… portarne così il prezzo di costo ad un indice ben più basso di quello sinora imposto dalle altre lavorazioni o dall’importazione, pur conseguendo, come ben precisato nel nome e seguito nelle direttive, un intento vivamente artistico”, come egli stesso scrisse il 2 dicembre 1927 al Comitato piccole industrie della Provincia di Genova. In quel momento l’azienda disponeva di sette telai utilizzati da altrettante operaie ma, già nel marzo successivo, Ponis la trasformò in società anonima, raddoppiando il capitale sociale e facendovi entrare alcuni soci “per acquisire maggiore impulso ed aumentare la produzione”.
I primi manufatti della MITA furono tappeti “orientali” di tipo tradizionale ma ben presto Ponis, fiutando la domanda del mercato, decise di affiancare a tale produzione anche modelli “moderni”. Fu precoce il suo rapporto di collaborazione con il futurista Fortunato Depero che, con la moglie Rosetta Amadori, aveva aperto nel 1919 a Rovereto la sua Casa d’Arte, da cui uscirono anche i famosi arazzi in tarsie di panno colorato, alcuni dei quali furono presentati con successo alla Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi del 1925 e alla XV Biennale veneziana dell’anno successivo. Il legame con Depero è confermato dai bozzetti per tappeti esposti in questa sezione e da alcune testimonianze della corrispondenza epistolare tra loro intercorsa, ma anche dalla copia del celebre libro “imbullonato” che l’artista trentino stampò nel 1927 e donò a Ponis con dedica autografa.
Per uno come Ponis che voleva rinnovare l’arte del tappeto era inevitabile entrare in contatto a Genova con l’architetto Mario Labò, impegnato in quegli anni in un interessante tentativo di ammodernamento della produzione locale nell’ambito delle arti decorative, come dimostra l’apertura della DIANA (Decorazioni Industrie Artistiche Nuovi Arredamenti) e della ILCA (Industria Ligure Ceramiche Artistiche), entrambe costituite nel 1928. Fu la MITA, non a caso, ad eseguire alcuni dei tappeti che Labò, attraverso la DIANA, presentò alla IV Triennale d’arte decorativa e industriale moderna di Monza del 1930. Deve risalire alla fine del decennio anche il contatto con Gio Ponti: ne nacque un sodalizio artistico fondamentale per gli sviluppi futuri della MITA e pure una sincera amicizia che si protrasse ben oltre la collaborazione professionale, come testimoniano la corrispondenza e i molti biglietti di auguri ancora presso gli eredi Ponis. L’architetto milanese non solo creò disegni e modelli decorativi per i tappeti della MITA, ma promosse la produzione della manifattura nerviese dalle pagine della rivista “Domus” che aveva fondato nel 1928. Inoltre fu Ponti il tramite di Ponis con gli altri architetti del Novecento milanese: Paolo Buffa, Tomaso Buzzi, Emilio Lancia, Gigiotti Zanini. Fu invece Labò il collegamento con Arturo Martini che, sempre sul finire degli anni venti, eseguì alcuni disegni per i prodotti della MITA, di cui rimangono nell’archivio i bozzetti esecutivi.

I tessuti della MITA
Terminata la fase di riconversione produttiva che aveva contraddistinto il periodo bellico, la MITA sin dal primo dopoguerra riprese la propria attività nello stabilimento di Nervi, integrando la fabbricazione di tappeti di lana annodata con quella di arazzi e tessuti. In questa nuova fase operativa Ponis mirò ben presto ad ampliare la cerchia delle proprie relazioni professionali, ma allo stesso tempo mantenne vive alcune collaborazioni già avviate negli anni tra le due guerre (come quelle con Emanuele Rambaldi e i fratelli Oscar e Fausto Saccorotti), oltre a rinsaldare il suo stretto sodalizio con Ponti e il gruppo di architetti e designer che gravitavano all’epoca intorno alla rivista “Domus”: si pensi ad esempio alla svizzera Corina Steinrisser, autrice del disegno per le tende di un appartamento milanese progettato nel 1953 da Alberto Rosselli, o al triestino Giorgio Host Ivessich che nel medesimo anno curò a Santa Margherita l’interior design delle camere del Grand Hotel Miramare e del bar Barracuda, utilizzando tessuti della MITA, realizzati su suo disegno e di Mario Alberto Ponis.
In questi anni gli arredi di un altro locale alla moda furono contrassegnati dal marchio MITA: le poltroncine e i divanetti del ristorante La Gritta di Portofino furono infatti rivestiti con il tessuto Ormeggio di Enrico Paulucci, autore anche, nella stessa epoca, di diversi arazzi per la manifattura genovese e protagonista alla fine degli anni cinquanta – insieme a Carmi, Luzzati, Rambaldi, Saccorotti e Scanavino – di una nuova linea di produzione di pannelli artistici, che fu esposta a Genova, Firenze e Caracas.
Con grande intuito artistico Ponis scelse di collaborare con gli esponenti delle più innovative tendenze espressive del periodo: da un lato instaurò infatti un solido legame con Eugenio Carmi (art director dell’Italsider e tra i principali animatori della Galleria del Deposito di Boccadasse) e con il gruppo di artisti che orbitava intorno allo studio di grafica genovese Firma (Flavio Costantini, Dario Bernazzoli, Lele Luzzati, Marco Biassoni e sua moglie Franca Luccardi); dall’altro intercettò le più sperimentali tendenze linguistiche allora emergenti. L’astrazione geometrica e concretista di Gillo Dorfles e Rocco Borella – affiancata dalle riprese neocubiste di Edoardo Alfieri e dal realismo esistenziale di Aurelio Caminati – si intrecciò quindi nella produzione della MITA, a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, con le ricerche segniche di matrice informale di Emilio Scanavino e dei fratelli Gio e Arnaldo Pomodoro.
Le tensioni espressive del contemporaneo dibattito artistico furono dunque puntualmente documentate da un variegato mosaico di collaborazioni e contatti, di cui si trova riscontro, all’interno del complesso percorso artistico della manifattura di Ponis, nell’intensa attività espositiva e nelle importanti commissioni pubbliche e private nel campo dell’interior design e della decorazione di interni.

La MITA in mostra
Durante la sua attività durata cinquant’anni, numerose furono le mostre di livello nazionale e internazionale cui la MITA prese parte, come attestano anche i diplomi conservati nell’archivio.
Sebbene non testimoniato dalle fonti documentarie d’epoca, in occasione della IV Triennale di Monza del 1930 furono tessuti da Ponis i tappeti esposti negli ambienti presentati dalla DIANA, il laboratorio genovese di arti decorative fondato da Mario Labò due anni prima: nella Sala da pranzo e nel Salotto da signora, progettati rispettivamente dallo stesso Labò e da Oscar Saccorotti. Uscirono dai telai della MITA anche i tappeti che, alla medesima rassegna monzese, arredavano lo Studio della ditta Pennati di Cesano Maderno, ordinata dagli architetti Paolo Buffa e Antonio Cassi Ramelli, e la Sala da soggiorno dalla ditta Meroni e Fossati di Lissone, ordinata dall’architetto Vittorio Cabiati, che, nel catalogo ufficiale, compaiono entrambi come prodotti dalla DIANA. Si può quindi ipotizzare che, nei primi anni di attività della manifattura, la collaborazione tra Labò e Ponis avesse assunto i caratteri del rapporto tra ideatore ed esecutore, anche se la situazione pare evolversi assai velocemente, poiché risalgono ai primissimi anni trenta gli articoli di “Domus” in cui vengono citati esplicitamente la MITA e Ponis. Sono stati inoltre rintracciati nell’archivio il bozzetto per il tappeto I Lottatori che il pittore palermitano Alberto Bevilacqua ideò per la Sala degli atleti, sempre alla Triennale del 1930, così come i disegni di Francesco Di Cocco, qui esposti nella sezione I tappeti della MITA, mostrano evidenti analogie linguistiche e compositive con l’arazzo I leoni di mare che l’artista romano presentò alla medesima rassegna, come confermato da Lidia Morelli nel suo articolo comparso nel numero di gennaio del 1931 di “La casa bella”.
Negli anni Trenta le partecipazioni della MITA alle Triennali milanesi si susseguirono con regolarità. La manifattura nerviese ritornò nel Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio nel 1933, nel 1936 e nel 1940, l’ultima edizione prima che scoppiasse il secondo conflitto mondiale. Sempre in quel decennio la MITA intervenne anche alle esposizioni universali di Bruxelles del 1935 e di Parigi del 1937, aggiudicandosi in entrambi i casi la medaglia d’argento.
Finita la guerra, l’azienda di Ponis riprese a essere presente a Milano: partecipò alla prima Triennale del dopoguerra, quella del 1947, che ospitò anche il Concorso di disegni per tappeti della MITA cui parteciparono, tra gli altri, Antonia Campi, Ettore Sottsass Jr. e Lyda Levi, per proseguire con le edizioni del 1951 e del 1954. In quell’occasione espose il grande arazzo La favola di Luzzati, che ritornò successivamente all’edizione del 1973, quando Ponis era già morto e dell’attività della ditta si occupava la moglie, Teresa Maddalena Pascocci, da sempre insostituibile collaboratrice del marito.

MITA 1926-1976
The acronym MITA comes from the company’s original name – Manifattura Italiana Tappeti Artistici (Italian Artistic Carpets Manufactory) – changed later to Manifattura Italiana Tessuti Artistici (Italian Artistic Fabrics Manufactory). It was founded in October 1926 by Mario Alberto Ponis “with the aim of using new mechanical inventions in the manufacture of classic hand-knotted carpets”. After an initial phase of manufacturing carpets with non-original oriental designs and decorations (one of the most popular models bore the name Smirne, the ancient name for Izmir), Ponis began to collaborate with artists and architects who helped him try out innovative stylistic and iconographic themes. Apart from the important contacts he maintained with leading exponents of the futurist movement – documented in the exhibition by sketches by Fortunato Depero, but also attested by his bond of friendship with Fedele Azari and by the sale of MITA carpets to Filippo Tommaso Marinetti and Giacomo Balla – what turned out to be crucial in the years between the wars were his collaborations with Milanese architects – not only Gio Ponti, a frequent visitor to the factory at Nervi and promoter of its activities on the pages of “Domus”, but also Tomaso Buzzi, Paolo Buffa, Emilio Lancia and Gigiotti Zanini. Decisive in this context was also the relationship he established at the turn of the 1930s with the Genoese architect Mario Labò and with DIANA (Decorazioni Industrie Artistiche Nuovi Arredamenti – New Furniture Artistic
Decoration Manufactories). But equally important was his encounter with the sculptor Arturo Martini, several of whose plaster and terracotta works Mario Alberto Ponis kept in his private art collection.
After the war – during which MITA manufactured suits and accessories for the Italian Air Force – the Nervi manufactory began to expand its production range by entering into new partnerships. As it gradually moved away from carpet weaving, MITA began to specialize in the production of fabrics and tapestries, made primarily for shipping companies or on public commissions, as in the case of the Aldo Bosco’s tapestry for the meeting room in the new RAI headquarters in Genoa made between 1967 and 1968.
Throughout his active entrepreneurial career Ponis never stopped experimenting with new avenues of artistic research, and in the late 1950s, thanks to contracts drawn up with artists
such as Enrico Paulucci, Emanuele Rambaldi, Oscar Saccorotti, Emanuele Luzzati, Leo Lionni, Eugenio Carmi, Emilio Scanavino and Arnaldo Pomodoro, he launched various limited-run editions of panels, printed on hemp and linen, which were presented as genuine designer multiples. In the mid-sixties, evidence of the factory’s mission to keep diversifying its production came in the making of laminated panels for ships, railway carriages and residential furnishings using the same decorative motifs as for fabrics.
Unless otherwise indicated, all the works come from the M.A. Ponis MITA (Nervi) Archive and are on loan to the Wolfsoniana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Genova


MITA SETS OUT TO THE SEA
MITA produced a wide range of textiles in a variety of sectors. However, its collaboration with the leading Italian and foreign shipping companies deserves special mention. Its first involvement in this sphere dates back to the years between the wars, when the Nervi-based manufactory produced several models of carpets for the shipping lines Navigazione Generale Italiana and Sitmar.
The real turning point in this context came after the war, and coincided with the beginning of the company’s long period of intensive collaboration with Italy’s two leading naval interior designers: Gustavo Pulitzer Finali and Giovanni “Nino” Zoncada, both of whom moved to Genoa around 1947-1948.
MITA became involved with their design and decoration projects at the time when the Conte Biancamano (1949) was being restructured and re-furbished for the Italia Società di Navigazione. It was for this ocean liner that Ponis’s factory made the long-thread wool tapestry designed by Mario Sironi that hung on the back wall of Pulitzer’s first-class lounge.
Later MITA made a tapestry designed by Michael Rachlis for the first-class reading room on the steam-turbine propelled ship Andrea Doria, which set off on her maiden voyage to New York on January 14, 1953 and tragically sank in the Atlantic on 26 July 1956. Another important tapestry by Enrico Ciuti was then made, again for Pulitzer, for the first-class lounge on the ocean liner Cristoforo Colombo, launched in 1953.
MITA also made a decisive contribution to the success of the Costa style, thanks to the work of Zoncada, who collaborated on the decorations and interior design of the principal liners
that made up the Genoese fleet. Worthy of note: the Mosca 58 curtains in mixed linen by Emanuele Luzzati for the motor vessel Anna C. (1948); the Rosemarie soft furnishings by Oscar Saccorotti and Ginevra by Lele Luzzati for the motor vessel Franca C. (1965); and Cordoba by Enrico Paulucci for Federico C. (1961). Also worthy of mention are the two large tapestries Composizione astratta (Abstract Composition) by Paulucci and Il Flauto magico (The Magic Flute) by Luzzati for the Eugenio C. (1965-1966). In 1968, a year after his famous stage sets for the Rossini opera at Florence’s Maggio Musicale, Luzzati also created the tapestry La gazza ladra (The Thieving Magpie) for the Carla C. As a final example, the Genoese artist Luzzati, like others who worked for MITA, was responsible for designing the souvenir scarves the shipping companies had specially made and which were then presented to the female voyagers at the end of the cruise. Worthy of particular mention are the ones made for the Spanish motor vessels Cabo San Roque and Cabo San Vicente belonging to the Seville company Ybarra y Cia (1960), whose interiors were again designed by Pulitzer.


MARIO ALBERTO PONIS.
ENTREPRENEUR, INVENTOR AND COLLECTOR

A man of many interests and numerous talents, Mario Alberto Ponis (Florence 1893 – Genoa 1970) was not only the capable businessman who ran MITA but, following in the family tradition – his father Crescentino was a railway employee who had a passionate interest in mechanics and produced numerous inventions, including a hand-printer and a hydro-cycle – he developed a wide range of highly varied patents.
In addition to designing loom models that were used in manufacturing, in 1954 he designed the caravan known as the Chiocciola (Snail) – “a towed motor vehicle for sleeping in, with a lowerable roof” – which was presented that same year at the 36th Turin International Motor Show.
He had been an air enthusiast since his boyhood; it all started one evening in June 1908 when together with his father he had watched, from the old parade ground in Turin, stunts performed by the French aviator Ferdinand Marie Léon Delagrange. In 1914, Mario Alberto passed the course for pilot officers and saw action as an aviator on several fronts during the First World War. In the second half of the 1930s, mindful of these experiences and taking advantage of the war-mongering national political climate, he began to collaborate with the Italian Air Force. For them he patented – and had specially made by MITA – heated flying suits, parachutes, emergency food bags, special life jackets and, with the help of Luigi Vietti, a particular “metal helmet
equipped with a means of protection against the cold and the heat and which also served camouflage purposes”; these were to make his fortune.
His personal collection of works of art, many of which are still in the possession of his heirs, testifies to the relationships and friendships he nurtured during his long career as a
businessman. In addition to paintings by Oscar Saccorotti, Emanuele Rambaldi, Enrico Paulucci, Emilio Scanavino and Emanuele Luzzati, who designed the patterns for MITA fabrics
after the Second World War, Ponis also collected works by artists close to Mario Labò with whom he had formed a somewhat lively professional connection in the early days of his adventure. It was through Labò that Ponis came into contact with Arturo Martini in the second half of the 1920s; and from that period date the plaster panel La tempesta (The Tempest; c. 1926) and the terracotta Le bagnanti (The Bathers; 1927), which was later put into production by ILCA (Industria Ligure Ceramiche Artistiche – Ligurian Artistic Ceramics Factory) – founded by Labò in Nervi in 1928 – and a copy of which was for a long time part of the collection kept by Arturo Ottolenghi, whose German wife, Herta Wedekind, made designs for MITA carpets.
In 1940, when Ponis decided to move the company into a larger, more functional building, he appointed Luigi C. Daneri as the architect. At the time, Daneri embodied the most modern and up-to-date trends on the scene in Genoa. The building, which still stands in Via Santa Maria Assunta in Nervi, reflects the architect’s allegiance to the dictates of Italian rationalism and international functionalism: clean, clear volumes; light colours and cutting-edge materials, such as concrete-framed glass blocks; and ribbon windows that free up the perimeter walls and allow light to flood the building’s working areas.


MITA CARPETS
The Manifattura Italiana Tappeti Artistici (Italian Artistic Carpets Manufactory) was opened in October 1926 in premises on Via Campostano 3 in the Nervi district of Genoa. Ponis’s goal was clear from the start: he wanted to launch the mechanized production of hand-knotted carpets in order to “… bring down the cost price to a level much lower than the one hitherto imposed by other processes or by imports, while achieving a highly artistic intent that is clearly reflected in the name and followed in the directives,” as he himself put it on December 2, 1927, when writing to the Board of Small-scale Manufacturers of the Province of Genoa. At the time the company had seven looms operated by as many workers but, as early as the following March, Ponis transformed it into a public company, doubling its share capital and bringing in partners “so as to gain more momentum and to increase production”.
The first MITA artefacts were traditional “oriental” rugs but soon Ponis sensed the direction of market demand and decided to add “modern” models. His relationship with the futurist
Fortunato Depero put him ahead of his time. Depero, who in 1919, together with his wife Rosetta Amadori, had opened the Casa d’arte in Rovereto, from which also came the famous tapestries in marquetry of coloured cloth, some of which were presented with great success at the Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes in Paris in 1925 and the following year at the 15th Venice Biennale. The link with Depero is confirmed by the design sketches for carpets on display in this section and some examples of their correspondence, but also by the copy of the famous “bolted” book which the Trentino artist printed in 1927 and gave to Ponis with a signed dedication. Ponis was someone who wanted to renew the art of carpet-making and so it was inevitable that he should come into contact in Genoa with the architect Mario Labò, who at the time was engaged in an interesting attempt to modernize local production in the field of the decorative arts, as shown by the opening of DIANA (Decorazioni Industrie Artistiche Nuovi Arredamenti – New Furniture Artistic Decoration Manufactories) and ILCA (Industria Ligure Ceramiche Artistiche – Ligurian Artistic Ceramics Factory), both established in 1928. It was no wonder that MITA was responsible for some of the rugs made by the DIANA that Labò presented at the 4th Triennale of Modern Decorative and Industrial Art held in Monza in 1930. His contact with Gio Ponti must have begun around the same time: this led to an artistic partnership that proved fundamental to the future development of MITA and to a sincere friendship that outlasted their professional collaboration, as is clear from the correspondence and many greeting cards still in the possession of the Ponis heirs. The Milanese architect not only created designs and decorative patterns for MITA carpets but also promoted the production of the Nervi manufactory from the pages of “Domus”, the magazine he had founded in 1928. Ponti was also the conduit that joined Ponis with other architects of the “Novecento Milanese”: Paolo Buffa, Tomaso Buzzi, Emilio Lancia, Gigiotti Zanini. It was Labò, however, who formed the link with Arturo Martini, who, also at the end of the 1920s, executed some designs for MITA products, the sketches for which are still kept
in the archive.


MITA FABRICS
After the phase of production conversion during wartime, once the war was over MITA resumed its activities at the factory in Nervi, expanding from the manufacture of tapestries and knotted woollen carpets to included textiles. In this new phase Ponis soon sought to expand his circle of professional relationships, at the same time as keeping alive some existing collaborations that had begun in the interwar years (such as those with Emanuele Rambaldi and the brothers Oscar and Fausto Saccorotti), as well as reinforcing his close partnership with Ponti and the group of architects and designers who at the time revolved around the magazine “Domus”: one need only think, for example, of Corina Steinrisser, the Swiss designer of the curtains for a Milan apartment designed in 1953 by Alberto Rosselli, or Giorgio Host Ivessich from Trieste, who that same year oversaw the interior design of the bedrooms and the Barracuda bar at Santa Margherita’s Grand
Hotel Miramare, using MITA fabrics, made to designs by himself and Mario Alberto Ponis.
During that period the furnishings for another fashionable restaurant bore the MITA brand: armchairs and sofas in the restaurant La Gritta in Portofino were covered with the Ormeggio fabric by Enrico Paulucci who, in the same period, was also responsible for several tapestries manufactured in Genoa and was the leading figure at the end of the 1950s – together with Carmi, Luzzati, Rambaldi, Saccorotti and Scanavino – in a new production line of artistic panels which was exhibited in Genoa, Florence and Caracas.
With his outstanding artistic instinct Ponis chose to work with representatives of the most innovative expressive trends of the period: on the one hand, he established a firm link with Eugenio Carmi (art director at Italsider and one of the leading figures involved with the Galleria del Deposito in Boccadasse) and the group of artists who revolved around the Genoese graphic studio Firma (Flavio Costantini, Dario Bernazzoli, Lele Luzzati, Marco Biassoni and his wife Franca Luccardi); on the other, he interpreted the more experimental stylistic trends emerging at the time. The geometric and concretist abstraction of Gillo Dorfles and Rocco Borella – accompanied by neo-cubist films by Edoardo Alfieri and the existential realism of Aurelio Caminati – intertwined in MITA’s production at the turn of the sixties with the informal research by Emilio Scanavino and the brothers Gio and Arnaldo Pomodoro.
What we see here are the expressive tendencies of the contemporary artistic debate duly documented by a varied mosaic of partnerships and contacts as reflected in the complex artistic development of Ponis’s manufactory, in its frequent presence at exhibitions and in numerous important public and private commissions in interior design and decoration.


MITA ON SHOW
During its fifty years of activity, MITA took part in numerous national and international exhibitions, a fact also reflected in the many diplomas to be found in the archive. Although not attested by the period documentary sources, on the occasion of the Fourth Monza Triennale in 1930 Ponis was responsible for the carpets on display presented by DIANA, the laboratory of decorative arts Mario Labò had founded in Genoa two years earlier, one for the dining room and the other for the ladies’ salon, designed respectively by Labò and Oscar Saccorotti. Also made on MITA looms were further carpets also exhibited at Monza: one furnished the professional studio of the Pennati company in Cesano Maderno, designed by the architects Paolo Buffa and Antonio Cassi Ramelli, while the other, for the living room of the Meroni & Fossati furnishing company in Lissone, designed by the architect Vittorio Cabiati.
In the official catalogue both appear as made by DIANA. It can therefore be assumed that, in the early years of manufacturing, Labò and Ponis were working together in a kind of creator-executor relationship. However, the situation seems to have developed very quickly, since in the early 1930s articles appeared in “Domus” which explicitly mentioned MITA and Ponis. The archive has also turned up the design sketch for the carpet I Lottatori (The Wrestlers) by the Palermo painter Alberto Bevilacqua for the Athletes’ room, again at the 1930 Triennale. Also found were designs by Francesco Di Cocco, on display here in the section dedicated to MITA carpets, which show clear similarities in style and composition with the tapestry I leoni di mare (The sea lions) that the Roman artist presented at the same exhibition, as confirmed by Lidia Morelli in an article that appeared in the January 1931 issue of “La casa bella”.
In the 1930s, MITA participation at the Milan Triennials continued regularly. The Nervi-based manufactory returned to the Giovanni Muzio Palazzo dell’Arte in 1933, 1936 and 1940, the last one before Italy’s intervention the Second World. MITA also took part in two Universal Exhibitions, the first in Brussels in 1935 and then in Paris in 1937, winning the silver medal in both cases.
After the war, the company returned to Milan and participated in the first post-war Triennale in 1947, which also included a MITA carpet design competition involving, among others, Antonia Campi, Ettore Sottsass Jr. and Lyda Levi; further editions followed in 1951 and 1954. On that occasion MITA exhibited the tapestry La favola (The Fairy Tale) by Luzzati, who later returned in 1973; by this time Ponis had already passed away and his wife, Teresa Maddalena Pascocci, who had always been her husband’s irreplaceable collaborator, was in charge of the company.