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Fondazione Palazzo Ducale Genova

Nell’Egitto di 2600 anni fa moriva il sacerdote Pasherenesi, profeta del dio Horus, della dinastia dei sacerdoti del tempio di Edfu, nell’Alto Egitto. Eli affidava le speranze di vita eterna all’imbalsamazione del suo corpo e alla magia, un rituale di gesti, strumenti ed oggetti che gli avrebbero permesso di raggiungere il dio Osiride e, una volta superato il suo giudizio, diventare anch’egli come lui, cioè rinascere per sempre nella dimora dell’aldilà. La mummia, il sarcofago e molti oggetti di Pasherenesi sono giunti fino a noi nelle collezioni del Museo di Archeologia di Genova.
Essi segnano il percorso di una mostra che, avvalendosi del prestito di oltre un centinaio di pezzi dai principali Musei Egizi italiani, vuole aprire uno spiraglio su quel mondo e scoprire da dove nascesse quella speranza di immortalità. I pezzi dell’esposizione sono stati scelti in buona parte fra quelli di età saitica, l’arco di tempo all’interno del quale si colloca la vicenda umana di Pasherenesi (VII – VI secolo a.C.), un periodo tardo della millenaria storia dell’Egitto ma forse l’ultimo di indipendenza del Paese, durante il quale l’Egitto conobbe un’epoca di rinascenza che sembrò riportarlo ai tempi più gloriosi della sua storia. Come spesso accade, un Paese che esce da un lungo periodo di crisi si rivolge al passato, a quei momenti che sono visti a modello cui ispirare le proprie azioni del presente: ecco che nasce quindi, in quest’età, un gusto “arcaicizzante” – in particolare nelle arti figurative – che richiama palesemente il gusto e lo stile del Regno Antico o Medio. I PEZZI RILEVANTI DELL’ESPOSIZIONE Il sarcofago in forma umana appartenuto a Pasherenesi e donato al Museo di Archeologia Ligure da un collezionista privato.
È in legno intonacato, dipinto e figurato con scene e geroglifici. Saranno in esposizione anche la mummia del sacerdote e la sua “protezione magica” di amuleti, contenuti all’interno del sarcofago. Un Libro dei Morti, quasi completo, in papiro con scene dipinte relative a funerali, dal Museo Egizio di Torino. Il testo era di importanza fondamentale per il destino del defunto: il rispetto del cerimoniale in esso indicato gli permetteva di “uscire al giorno”, cioè di raggiungere la felicità nel regno ultraterreno. Quattro vasi canopi in fayence dal Museo Egizio di Firenze. Destinati a contenere gli organi molli del defunto estratti prima della mummificazione, venivano posti nella camera funeraria ai piedi del sarcofago. Alcune bende di mummia in lono, dal Museo di La Spezia, con geroglifici iscritti con formule dal Libro dei Morti. Il Gruppo dei geni “guardiani”, in granito, dal Museo Archeologico di Bologna: avevano il compito di proteggere il sonno del defunto dagli spiriti malefici. La Clessidra in basalto dal Museo Barracco di Roma: è un pezzo di eccezionale fattura artistica, parte di un orologio ad acqua che, nel tempio, scandiva le ore del culto durante la notte. PRESTITI Il nucleo più consistente è quello del Museo Egizio di Torino: più di 80 pezzi. Altri Musei prestatori sono:
– Civico Museo Archeologico di Bologna
– Museo Egizio di Firenze
– Museo Formentini di La Spezia
– Museo Barracco di Roma
– Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova. RESTAURI Il restauro del sarcofago di Pasherenesi è stato eseguito presso il laboratorio Nicola Restauri di Aramengo d’Asti, specializzato in materiali egizi, con i fondi messi a disposizione da: – Regione Liguria (Servizio Programmi e Strutture Culturali)
– Comune di Genova (Servizi Culturali / Settore Musei)