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Dove

Loggia degli Abati

Fondazione Palazzo Ducale Genova

Il 6 marzo ore 18.00 inaugurazione della mostra fotografica dell’antropologa e scrittrice polacca Monika Bulaj, con l’intervento della fotografa
 
 
Genti di Dio è un viaggio alla ricerca delle frontiere interne dell’Europa, dei confini immateriali, delle fedi. Ed è anche il nome del progetto più importante dell’antropologa e scrittrice di origine polacca Monika Bulaj, grazie al quale ha vinto nel 2005 il Grant in Visual Arts da parte della European Association for Jewish Culture. Il Centro Culturale Europeo ha deciso di portare a Genova le immagini del suo reportage – frutto di un viaggio durato dieci anni, dal 1985 al 2005. Viaggiatrice delle periferie d’Europa, la Bulaj esplora mondi in bilico fra cristianesimo, islam ed ebraismo, cattolicesimo e ortodossia. La mostra si spinge lontano, oltre il mondo carpatico, arriva ai confini del Mar Caspio, scende lungo il Bosforo, si addentra nella Istanbul più segreta, risale sui monti della Bulgaria dove suonano le zampogne, si perde tra Tibisco e Danubio nella terra dove vivono gli zingari narrati dai film di Kusturica, risale a Nord verso l’Ucraina occidentale, nei monasteri dove sopravvive l’ortodossia più antica, più passionale, più radicata al grembo della grande madre Russia. Luoghi di fede passionale, mistica.
 
Monika Bulaj è nata a Varsavia nel 1966. Fotografa e scrittrice, pubblica reportage sui confini estremi delle fedi e scrive sceneggiature per documentari. Collabora a D-La Repubblica, Io Donna-Corriere della Sera, National Geographic, East, Courrier International, Gazeta Wyborcza, Internazionale, GEO. Ha pubblicato i libri Libya felix (Bruno Mondadori), Donne, storie (Alinari), Gerusalemme perduta con Paolo Rumiz (Frassinelli), e Figli di Noè (Frassinelli). È regista, fotografa e sceneggiatrice del film documentario Figli di Noè, prodotto da Lab80 FILM. Frassinelli ha appena pubblicato Rebecca e la pioggia, e sta pubblicando il suo nuovo volume Genti di Dio, viaggio nell’altra Europa.
 
 
“Foreste infinite e cavalli nel grano, stelle e lumini, rigagnoli nella neve, villaggi e formazioni di oche al tramonto, icone nella penombra, profumo di betulla e incenso, canzoni di pastori e battellieri, biascicar di preghiere, treni che si fermano in mezzo al nulla, cimiteri di popoli dimenticati o scomparsi, fiumi sotto la Luna. Periferie incantate, segnate dalla Storia. Non sono solo le periferie d’Europa. Sono anche le periferie delle fedi. Periferie speciali, dove i monoteismi oggi in conflitto generano – a sorpresa – terreni di coabitazione. Fedi passionali e fedi popolari, radicate al territorio, all’anima delle acque, dei boschi, alla tomba di un profeta o di un santo. Ma capaci, anche, di travolgere le frontiere implacabili delle confessioni”.
 
Monika Bulaj
   
La mostra fotografica Genti di Dio di Monika Bulaj, organizzata dal Centro Culturale Europeo a Palazzo Ducale – Loggia degli Abati
 
«L’Europa orientale è un mondo vicinissimo e sconosciuto». Introduce così, Monika Bulaj, il senso di un lavoro durato circa dieci anni, durante i quali ha viaggiato tra il Baltico e il Mar Nero, attraversando frontiere, paesi, lande sterminate, usanze, costumi e fedi.
 
La mostra Genti di Dio, organizzata dal Centro Culturale Europeo, raccoglie il frutto dell’itinerario materiale e spirituale dell’antropologa, scrittrice e fotografa di origine polacca, che vive e lavora a Bergamo. Le immagini si potranno vedere a Palazzo Ducale – Loggia degli Abati, fino all’1 aprile 2007.
 
«L’Europa Orientale – continua Bulaj – è un mondo povero eppure grandioso nella sua bellezza. I giornali non ne parlano. […] È un labirinto di meraviglie, troppo complesso per un mondo mediatico che banalizza e semplifica».
 
Camminando a piedi, ha iniziato il percorso dalla sua Polonia, «tra contadini, pentecostali e carismatici, capaci di rompere, nell’estasi, ogni barriera di lingua e cultura».
 
Sono terre in cui il tempo si è fermato. A stare lì sembra che il Muro di Berlino sia ancora in piedi, ritto, con il suo fardello di conflitti e divisioni. Eppure, là si trovano intrecci inaspettati di culture, usanze, religioni: «fedi passionali, che i chierici dell’Islam, del Cristianesimo o dell’Ebraismo bollano spesso come superstizione».
 
Le suggestioni non si limitano ai paesaggi. Anche le persone riservano sorprese, figure che sembrano uscite da un film di Kusturica, un racconto di Borges, un romanzo di Marquez. «Ho conosciuto un poeta che sapeva a memoria il Capitale di Marx, costruiva aspirapolveri per le mucche e aspettava l’arrivo di Messia alla fine dei tempi», dice Monika.
 
Ma la strada percorsa dalla Bulaj è lastricata da persecuzioni, tormenti, sofferenze senza fine. Come quelle che hanno dovuto subìre i Rom, i Lemki (o Ruteni), gli Armeni, i Rodopi bulgari.
 
Perché Genti di Dio? È la stessa fotografa a spiegarlo: «La chiesa cristiana d’oriente è un’inesausta fonte di spiritualità. Nonostante le sue gerarchie si siano fortemente compromesse col comunismo e col nazionalismo spinto, essa emana, a livello popolare, una forza magica di grande attrazione. […] Mormorar di preghiere, baci su libri, icone, reliquie, croci. Girare sulle ginocchia intorno a montagne sacre. Prostrazioni, processioni, pellegrinaggi. Il bisogno del sacro. Intemperante, smodato. Fatto di anima e corpo».