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Fondazione Palazzo Ducale Genova

Che cosa spinge un popolo a scendere in piazza nell’Europa martoriata, da poco uscita da una guerra terribile? Le difficoltà della vita, la fame, la povertà, la mancanza di lavoro, la fatica di ricostruire un tessuto sociale e civile erano comuni in tutti i paesi d’Europa. E la prima parte di questa mostra fa capire che la situazione in Ungheria non era apparentemente peggiore di altre. Allora, di che si tratta?
Nel cuore dell’uomo c’è qualcosa di più importante dell’aspirazione a un maggiore benessere. È l’anelito della libertà, il bisogno di dare il nome alle cose, di distinguere il vero dalla menzogna, l’esigenza di mettere in gioco se stessi in un giudizio sulla realtà, il desiderio di partecipare al bene comune, di costruire insieme una società più giusta e umana.
La rivoluzione di Budapest è una delle grandi testimonianze rese alla libertà nel secolo scorso. Una rivoluzione per sottrarsi alla cappa di un controllo soffocante su ogni espressione di pensiero, realizzata attraverso una burocrazia opprimente. Ricordarla oggi, a cinquant’anni di distanza, non significa solo riproporre il racconto di un particolare evento storico, ma il grido che è in ogni uomo, in ogni tempo. E il valore di questo richiamo resta quanto mai valido soprattutto in un Occidente sempre più intorpidito e disposto ad “accontentarsi” di un benessere materiale che pure mostra sempre più evidente la debolezza delle sue fondamenta.
 
Tutto sarà raccontato grazie ai capolavori del fotografo Erich Lessing. Nato a Vienna nel 1923, fotografa la Seconda Guerra Mondiale al seguito dell’esercito inglese. Ha lavorato principalmente per Life, Paris Match, Picture Post, Epoca e Quick Magazine, documentando gli avvenimenti politici nell’Europa del dopoguerra e soprattutto gli eventi dei paesi comunisti che stavano nascendo in quel periodo. Ha ricevuto l’American Art Editor’s Award per il suo lavoro sulla Rivoluzione Ungherese del 1956 e il Prix Nadar per il suo libro sull’Odissea nel 1966.
Budapest 1956: reportage fotografico di Erich Lessing Alcune pieghe della storia rimangono per molto tempo nel silenzio. È successo anche alla rivoluzione di Budapest nel 1956, la prima vera ribellione al potere sovietico. Lo scorso ottobre, in occasione del cinquantesimo anniversario Lajos Pintér ha ricordato al Centro Culturale Europeo i tredici giorni di speranza soffocati nel sangue dall’armata rossa. Martedì 3 aprile un altro evento commemora la rivoluzione fallita. A Palazzo Ducale, i ragazzi della Consulta Provinciale degli Studenti di Genova, organizzano la mostra fotografica Budapest 1956, con le foto di Erich Lessing, testi e documenti dell’epoca. L’esposizione è stata allestita nell’Atrio del palazzo, sarà visitabile fino al 13 aprile, dalle 9.00 alle 18.00. Lessing, fotografo viennese di origine ebraica, nel dopoguerra dedicò gran parte della sua attività a raccontare i paesi rimasti nell’orbita dell’Unione Sovietica. Era nella capitale ungherese quando la popolazione insorse. Non era un paese alla fame l’Ungheria. Le ragioni della rivolta non vanno ricercate nella miseria, ma altrove. «L’oppressione era lì, una presenza costante – dice Sandro Chierici, il curatore – la ribellione venne da un profondo desiderio di libertà». Geza Mihalyi, testimone diretto di quegli eventi e membro della resistenza, aggiunge che: «i russi dello zar avevano già combattuto contro il popolo ungherese nell’Ottocento, durante la guerra con l’Austria. E dopo la seconda guerra mondiale si rivelarono occupanti particolarmente crudeli». L’ostilità non era dunque roba recente, affondava le radici nel movimento di liberazione di Kossuth. Accanto alle foto, i documenti completano il quadro. Ci sono testi letterari (Sándor Márai, per esempio), stralci di comunicati delle poche radio libere ungheresi dell’epoca, e alcune testimonianze dall’Italia. Come quella del cardinale Montini, che diventerà Papa Paolo VI: «il quale capì l’importanza di quell’evento e sostenne gli insorti», dice Sandro Chierici. Su un altro pannello, un articolo di Pietro Ingrao dall’Unità del 25 ottobre 1956, il quale descrive i ribelli come controrivoluzionari e appoggia l’intervento sovietico: «un intervento lucido, ma che evidenzia l’errore in cui incappò la sinistra di allora», continua il curatore. Budapest 1956 segue la precedente iniziativa della Consulta, una mostra sulla resistenza al nazismo della Rosa Bianca.
Tratto da Focus On N.14, 04/04/2007
vedi l’archivio di Focus On