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Dove

Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce

Fondazione Palazzo Ducale Genova

Percorsi e linguaggi internazionali del contemporaneo.
Anni ’60 – ’70

Con questa mostra si conclude la stagione 2004 del Museo d’arte contemporanea di Villa Croce: una stagione particolarmente intensa e sino ad ora contrassegnata dalla massima attenzione alla scena dell’arte nazionale e internazionale (da Beuys ai giovani ma già affermati artisti di Empowerment alla sofisticata reverie postmoderna di Atelier Mendini) e che si conclude invece con una riflessione sulla cultura della città , dal 1960 al 1979, quasi a voler ritrovare anche nella storia recente gli incunaboli dell’attuale capitale europea della cultura.
“Attraversare Genova” dunque significa ripercorrere idealmente il suo recente passato e se possibile ricrearne il clima e l’atmosfera attraverso l’esposizione di circa 200 opere di artisti genovesi, italiani e stranieri che hanno vissuto e lavorato in città con una straordinaria capacità di sinergie. Si pensi alle esperienze dei primi anni Sessanta che coniugano i materiali dell’industria metalmeccanica con la scultura contemporanea e trasformano in atelier di scultura la fabbrica, dove lavorano personaggi come Calder, Pomodoro, Consagra, Carmi, David Smith o al circuito underground dei poeti visivi genovesi che si collegano in rete con altri centri di elaborazione della ricerca, da Firenze, a Napoli, a Bologna organizzando insieme mostre e convegni. In questo emergono non meno significative letture critiche profondamente innovative, destinate, come l’Arte Povera, battezzata a Genova nel ’67 alla galleria La Bertesca, a occupare un posto di primo piano nella storia dell’arte del ’900. Se gli anni ’60 si caratterizzano per questa forza propositiva della città- laboratorio, gli anni ’70 segnano d’altra parte la disponibilità di Genova ad aprirsi alle esperienze artistiche internazionali, soprattutto attraverso l’attività delle gallerie che portano a Genova grandi protagonisti della scena internazionale: da Allan Kaprow a Laurie Anderson, da Beuys a Rebecca Horn, dai Becher a Sol Lewitt, da Boltanski a Buren. È questo la città in cui operano e si formano artisti genovesi poi conosciuti e riconosciuti a livello nazionale e internazionale come Scanavino o Claudio Costa, Borella, Fasce, Mesciulam, Oberto, Caminati (per citarne solo alcuni) nonostante il genius loci di Genova contemporanea sia incline all’understatement e poco conceda spazio a clamorose fortune critiche. È piuttosto il collezionismo privato (le cui opere costituiscono lo zoccolo duro della mostra) a manifestare una vocazione internazionalista e attenta ai linguaggi dell’avanguardia dal Costruttivismo all’arte cinetica dei primi anni ’60, dalla Pop Art a Fluxus al Concettuale, senza trascurare le poetiche del corpo e le nuove tendenze analitiche della pittura.
Se la parte della mostra dedicata alle arti visive intreccia necessariamente la storia svoltasi in città con la Storia dell’arte in un gioco di rimandi e di “destini incrociati”, le altre sezioni costruiscono un panorama a 360º della Genova anni ’60/’70, in una dimensione trasversale ai linguaggi del contemporaneo: dalla musica, deliberatamente individuata nelle sue componenti più popular al cinematografo che tende a ricreare luoghi e situazioni di una cinefilia diffusa, dalla grafica aziendale e di comunicazione che restituisce un’immagine della città al fumetto che traduce mitologie vicine e lontane per sommergersi poi in una comunicazione alternativa; dalla letteratura delle riviste specializzate al teatro che ha a Genova una storia lunga e una tradizione consolidata; dalla fotografia che documenta e interpreta le vicende della città all’architettura e all’urbanistica che ne hanno modellato negli anni la forma urbis.
Oggetti, fotografie, manifesti, video sono parte integrante dell’allestimento curato da Mario Piazza.
 
Restituire a Genova la memoria e la consapevolezza di un passato recente, rimosso e per certi aspetti oscurato dalle glorie di epoche lontane, è un’operazione che si rivolge innanzitutto agli abitanti della città e soprattutto ai giovani, come indispensabile premessa al futuro che li attende, ma anche ovviamente a chi, “turista del 2004″, voglia sapere qualcosa di più, oltre la splendida vetrina degli eventi e del rinnovato fascino urbano dei restauri e delle nuove architetture. Dopo aver fisicamente attraversato la città inseguendo le molte e variegate proposte di quest’anno speciale l’invito è quello di attraversarla ancora, ma solo in metafora, negli spazi contenuti del Museo di Villa Croce.