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Fondazione Palazzo Ducale Genova
Incontro con Antonio Maria Morone
La guerra civile che sconvolge la Libia dal 2011 ha subito una nuova e ulteriore escalation dopo le elezioni del luglio 2014. Di fronte a un paese diviso e conteso tra due fronti contrapposti, la stabilità della Libia ha preso il posto, nell’agenda internazionale, della democratizzazione. L’intervento della NATO nel 2011 non è stato affatto risolutivo. Oggi lo scenario è ancora più complesso: perché se il nemico non è più Gheddafi ma l’IS, appare molto più difficile dire con sicurezza chi siano gli amici. I Fratelli mussulmani di Misurata che fino a ieri erano ritenuti gli usurpatori del corso democratico della transizione libica? Le truppe del golpista Haftar e dell’amico al-Sisi? Il “legittimo” parlamento di Tobruk, eletto sulla base di una legge che non ammetteva liste partitiche e dove i cosiddetti laici sono in realtà mussulmani che semplicemente non abbracciano una delle diverse correnti dell’Islam politico? La verità è che devono essere prima di tutto i libici gli artefici del loro destino, vincendo la scommessa di uscire dalla guerra civile con una soluzione politica piuttosto che militare.
Antonio M. Morone è ricercatore in Storia dell’Africa contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia. Si occupa in particolare di società coloniale e postcoloniale in Libia e nel Corno d’Africa. Ha svolto periodi di insegnamento e ricerca presso università italiane e straniere tra cui Verona, Tripoli, Cairo, Dire Dawa (Ethiopia).