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Fondazione Palazzo Ducale Genova

letture teatralizzate dall’Ebdòmero di Giorgio de Chirico
14 – 21
28 giugno anticipata al 27 giugno ore 18
All’interno della mostra Giorgio de Chirico, il volto della Metafisica

Giorgio de Chirico scrisse Ebdòmero nel 1929, quando viveva a Parigi, e Parigi era in piena stagione surrealista: dieci anni prima la sua pittura metafisica aveva conquistato Apollinaire, Éluard e Breton e de Chirico era ormai un artista affermato. Nei dieci anni che trascorsero tra l’affermazione della pittura di de Chirico e la pubblicazione di Ebdòmero in realtà ci fu una vera e propria rottura con i surrealisti, che gridarono al “genio perduto” a proposito della sua produzione post 1919, non apprezzando il ritorno a stili e tecniche ispirate al classicismo e ai grandi maestri del passato. Ciò nonostante, Ebdòmero fu riconosciuto da subito come un capolavoro surrealista, e come il momento più alto dell’attività letteraria dell’artista.

È difficile dare una definizione univoca di Ebdòmero: è un romanzo onirico, fatto di avventure reali e metafisiche, è una serie di racconti metafisici, un’autobiografia criptica e al tempo stesso un autoritratto. Ebdòmero è il libro, Ebdòmero è il protagonista: il reale e il fantastico si sovrappongono, come anche l’oggettivo e il soggettivo, la ragione e l’immaginazione. Già il titolo stesso deriva da un neologismo coniato dallo stesso de Chirico unendo greco e neogreco, a lui familiari essendo nato a Volo, in Grecia. È una fusione tra hebdomos (settimo) e emera (giorno): uomo del settimo giorno, cioè Apollo, nato secondo il mito il settimo giorno del mese. Quindi è Apollo, dio del Sole, delle Muse e della poesia, il protagonista celato del romanzo, e allo stesso tempo è l’immagine speculare di de Chirico, in un gioco di specchi e di rimandi caro all’artista e denso di ironia, come in Borges, come in Buñuel, l’ironia della finzione.
De Chirico gioca con le immagini e le parole, mescolando classicità, realtà, immaginazione, metafisica. E non è altro che una finzione teatrale: teatrali sono i fondali in cui si muove Ebdòmero, tra visioni beate e angosciose, come pure teatrali sono i sipari, gli interni asfittici con le travi e i pavimenti paralleli rischiarati da un lato, che appaiono nelle sue opere. Non è un caso, nello stesso anno prepara i costumi e le scene per Le Bal, prodotto dai Balletti Russi di Serge Diaghilev, quasi l’ultimo atto della parabola del grande impresario russo, che morirà poco dopo.
Ebdòmero è un flusso di immagini e di idee continuamente cangianti, un inventario di simboli (Apollo, il Sole, i Gladiatori, Zarathustra) e metafore (gli Argonauti, La Divina Commedia e lo Zibaldone), un collage di sogni, e di sogni in stato di veglia.
È un oceano metafisico, denso di mitologia, di memorie, di visioni, fatto di piazze e strade malinconiche, di camere dai soffitti bassi. Lì Ebdòmero si muove come Ulisse, viaggiando tra le pieghe del sogno e dell’immaginazione, in un mare che si chiude in una stanza, tra flutti dalla glauca profondità la cui superficie era tutta trinata di schiuma. Ed è lì che conosce, alla fine del viaggio, l’Immortalità. E a lei, finalmente, Ebdòmero si abbandona.

In collaborazione con la Scuola di Recitazione Mariangela Melato del Teatro Nazionale di Genova

Per prenotarsi scrivere una email all’indirizzo prenotazioni@palazzoducale.genova.it, costo di ingresso in mostra ridotto 10€*

*Conservando il biglietto di ingresso è possibile tornare a visitare la mostra liberamente, entro il 7 luglio