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Fondazione Palazzo Ducale Genova

Libertà politica degli antichi e libertà civile dei moderni nella Prima serie dell’“Archivio Storico Italiano” (1842-1851)
domenica 17 marzo 2024 ore 12, Sala Liguria

Numerose sono le accezioni del concetto di ‘libertà’, termine quantomai polisemico e dal significato sfuggente. Accanto a una definizione di ‘libertà’ che la fa corrispondere all’esercizio collettivo, diretto e in sostanziale autonomia della sovranità da parte dei cittadini – condizione gelosamente difesa tanto dalle città-stato di età antica quanto da quelle medievali – possiamo affiancarne un’altra, che la vuole invece fondata sul diritto di non essere sottomesso se non alle leggi, di non essere soggetto alla volontà arbitraria di uno o più individui, di poter esprimere il proprio pensiero e orientare liberamente la propria esistenza, sia sul piano materiale sia su quello spirituale.

Una definizione, quest’ultima, tipica delle moderne concezioni liberali, che affondano le proprie radici nei principi della Gloriosa rivoluzione inglese del 1688. Il tema appena sollevato occupa una posizione molto rilevante nel dibattito politico ottocentesco, sin dalla celebre lezione tenuta da Benjamin Constant all’Athénée Royal di Parigi nel 1819, De la liberté des anciens, comparée à celle des modernes. L’efficace testo di Constant era in buona parte ispirato alle riflessioni che già da alcuni anni veniva conducendo un altro dei sodali del ‘circolo di Coppet’, Jean Charles Sismondi, e in particolare al penultimo capitolo dell’Histoire des républiques italiennes du Moyen Age, opera monumentale capace di suscitare di lì a poco una vera e propria riscoperta della storia municipale medievale proprio in quell’Italia che si avviava a percorrere l’epopea risorgimentale.

Tra i protagonisti di tale riscoperta si collocano proprio gli storici e gli eruditi raccolti e organizzati dal prolifico editore ginevrino Gian Pietro Vieusseux nella Firenze dei decenni che precedono e seguono il Quarantotto, fino all’Unità ed oltre. In un contesto che li vede concretamente impegnati nella definizione di una possibile ‘libertà’ per gli Stati della Penisola – da legare assieme in una federazione o far convergere verso un progetto di Stato unitario indipendente –, come si pongono gli storici moderati e liberali che danno vita al grande e innovativo progetto dell’’“Archivio Storico Italiano” di fronte alle due accezioni del termine ‘libertà’ evocate da Jean-Charles Sismondi e Benjamin Constant? Nelle pagine più ispirate che qua e là affiorano tra le ponderose edizioni di fonti costituenti i trenta corposi volumi dell’“Archivio”, ricorrere con maggior frequenza sarà la ‘libertà degli antichi’ intesa quale indipendenza e ‘libertà’ dello Stato o sarà invece la ‘libertà dei moderni’, intesa quale libertà personale ‘dallo Stato’ e fondamento delle moderne concezioni Liberali?


Andrea Giorgi insegna Archivistica nel Dipartimento di Lettere e filosofia dell’Università di Trento. Tra le sue ricerche si segnalano quelle incentrate sul rapporto tra archivi e istituzioni, con particolare riferimento all’età medievale e moderna, nonché alcuni studi dedicati alle fonti per lo studio dell’università italiana di età contemporanea e dei movimenti di contestazione. Più di recente, si è dedicato al contesto documentario inerente agli storici ed eruditi organizzati nei decenni centrali dell’Ottocento da Gian Pietro Vieusseux intorno al progetto editoriale dell’“Archivio Storico Italiano”.


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