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Fondazione Palazzo Ducale Genova
I pannelli di Oscar Saccorotti per “Il Lavoro” di Genova
Dal 1 dicembre 2017 al 2 aprile 2018
Nel 1933, in occasione del trentennale della fondazione avvenuta a Genova il 7 giugno 1903 per iniziativa degli scaricatori di carbone del porto, il quotidiano genovese di orientamento socialista “Il Lavoro” commissionò al pittore Oscar Saccorotti sei grandi tele raffiguranti scene della Vita da inviato speciale. Realizzati per il salone al primo piano del giornale, che aveva sede in un ex convento in salita Di Negro, i sei pannelli erano stati richiesti nel 1932 all’artista – che, nato a Roma nel 1898, si era trasferito a Genova nel 1914 dopo aver trascorso l’infanzia a Udine – per sostituire il ciclo decorativo sulla Scoperta dell’America, distrutto durante le devastazioni fasciste del 1926. Saccorotti, impegnato in quel periodo in una fase cruciale della sua ricerca artistica (come attestato dalle prestigiose partecipazioni alle Biennali di Venezia e all’esposizione di Vienna organizzata nel 1933 dal Sindacato Nazionale Fascista Belle Arti), affrontò il tema con grande ironia, proponendo una caleidoscopica rappresentazione dell’avventurosa vita professionale di un reporter sempre pronto – in giro per il mondo tra guerre, rivoluzioni, safari e scoperte archeologiche – a riportare al pubblico notizie fresche di stampa. In questo suo frenetico viaggio da un estremo all’altro del globo terraqueo, il reporter è raffigurato come il testimone diretto dei grandi avvenimenti storici, ma anche delle tendenze artistiche e di costume allora in voga (tra il mosaico di immagini spunta il ballo sfrenato di Josephine Baker), dei più clamorosi casi giudiziari o di strani e bizzarri episodi di cronaca, come ad esempio lo spiaggiamento di una balena in un paese di mare della Liguria. Il progetto Professione reporter ha preso avvio con la mostra Sandro Pertini direttore de “Il Lavoro” (Spazio Liguria, Palazzo Ducale, 23 settembre – 4 ottobre 2016), curata da Maria Teresa Orengo e promossa dalla Regione Liguria che, in tale occasione, provvide, attraverso il suo Laboratorio di restauro, a un intervento conservativo su alcuni dei pannelli di Saccorotti. A seguito di tale mostra, il Gruppo Editoriale “L’Espresso” ha deciso di concedere in comodato alla Wolfsoniana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura le sei opere dell’artista, due delle quali sono state restaurate dal Laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona. Per la fondamentale collaborazione alla realizzazione della mostra, si ringraziano: Luca Parodi e Maria Teresa Orengo della Struttura Cultura e Spettacolo della Regione Liguria; Elena Bolognesi, Maria Giovanna Merello, Ornella Viano, Maria Cristina Zaninetta del Laboratorio di restauro della Regione Liguria; Franco Monteverde del Gruppo Editoriale “L’Espresso”; Vincenzo Tinè, Franco Boggero, Stefano Vassallo e Gianni Ziglioli della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona. Il ciclo decorativo per “Il Lavoro” è presentato al museo di Nervi per la prima volta nella sua interezza, insieme ad alcune opere e documenti della Wolfsoniana che, in un dialogo evocativo con le immagini di Saccorotti, contribuiscono a restituire l’intramontabile fascino della professione reporter.
Il volo della vita
Marina Cvetaeva, immensa poetessa russa
Affianca la presentazione dei pannelli di Saccorotti una mostra documentaria dedicata alla poetessa russa Marina Cvetaeva, curata da Caterina Maria Fiannacca con la collaborazione di Elena Sosnina.
Nel novembre del 1902 arrivò a Nervi una bambina russa di dieci anni. Si chiamava Marina Cvetaeva ed era destinata a diventare una delle voci più alte della poesia russa del Novecento.
Marina giunse a Nervi con il padre, Ivan Vladimirovič Cvetaev, fondatore del Museo di Belle Arti Alessandro III di Mosca (oggi il Museo A.S. Puškin), la madre, Marija Aleksandrovna Mejn, eccellente pianista ammalata di tubercolosi, la sorellastra Valerija e la sorella minore Anastasija. La famiglia Cvetaev restò nella località di villeggiatura, allora nota in tutta Europa per la salubrità del suo clima, fino al maggio dell’anno seguente, alloggiando alla Pension russe di via Capolungo. Nonostante il poco tempo trascorsovi, Nervi si incise profondamente nella memoria della bambina, come pure in quella delle sorelle, e ritornò in seguito sovente nei suoi ricordi e nelle sue opere. Per Marina, Nervi rappresentò la scoperta del mare, della luce del Sud, di una libertà di cui non aveva mai goduto a Mosca, i primi contatti con gli esuli antizaristi.
A seguito della Rivoluzione d’ottobre, Marina emigrò con la figlia Ariadna nel 1922 a Berlino, dove riabbracciò il marito, riparato all’estero dopo la sconfitta dell’Armata Bianca. La aspettava una vita difficile e errabonda tra Praga e la Francia, spesso senza la consolazione che la sua opera poetica venisse riconosciuta e pubblicata: troppo “rossa” per l’emigrazione francese, troppo “bianca” per l’Unione Sovietica.
Rientrata in patria nel 1939, svuotata, fiaccata dall’arresto della figlia e del marito, nel 1941, allo scoppio del conflitto con la Germania, venne evacuata a Elabuga, dove si impiccò nell’isba in cui aveva trovato alloggio con il figlio. Da allora su di lei e sulla sua produzione letteraria cadde il silenzio sovietico e soltanto tra il 1956 e il 1961 il suo nome ricominciò faticosamente a comparire. Oggi è una voce amata, letta e rievocata in tutto il mondo. La mostra ripercorre in venti pannelli il percorso esistenziale e letterario di Martina Cvetaeva. Per la Wolfsoniana è anche l’occasione per ritornare sul passato glorioso di Nervi, quando, a partire dai primi decenni dell’Ottocento, si affermò come rinomata località di villeggiatura – soprattutto invernale grazie alla mitezza del clima – diventando meta del “bel mondo” internazionale, di scrittori, poeti ed artisti provenienti da numerosi paesi europei che ne fecero un luogo cosmopolita di grande vitalità.