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Fondazione Palazzo Ducale Genova
Dal 15 luglio 2010 a domenica 8 gennaio 2011
La mostra presenta tre sale da pranzo complete che, con l’aggiunta di quella di Piero Bottoni (1937) già in esposizione, permettono di ripercorrere l’evoluzione degli stili che hanno connotato il panorama delle arti decorative italiane nel periodo tra le due guerre e invitano a riflettere sui modi di vita dell’epoca, sul significato sociale della famiglia e sull’influenza dei comportamenti proposti dalla politica e dai moderni mezzi di comunicazione che allora si stavano imponendo.
La prima sala di Ettore Zaccari (Cesena 1877 – Milano 1922), titolare nel capoluogo lombardo di una “bottega” specializzata in mobili d’arte, rappresenta un tipico esempio dei suoi arredi, nei quali si ravvisano caratteristiche stilistiche proprie del gusto déco. Le sue opere, solitamente in legno lucidato scuro, pur improntate alla rivisitazione dei mobili “in stile”, soprattutto rinascimentali, si avvicinano infatti ad alcune tra le più aggiornate esperienze internazionali contemporanee, come ad esempio la produzione del francese Maurice Dufrène, per il segno fitto ed esuberante della decorazione a intaglio, spesso dorata o dipinta. In questa sala da pranzo si nota inoltre una precisa volontà di caratterizzazione da parte dei committenti: sul tavolo sono intagliati i nomi dei vari componenti della famiglia e le spalliere delle sedie sono personalizzate con monogrammi.
Nella sala da pranzo per casa Anzellotti, disegnata e intagliata nel 1932 dallo scultore Umberto Bartoli (Livorno 1888 – Firenze 1977), collaboratore sin dai primi anni Venti dello Studio Coppedè, si combinano elementi formali di gusto déco con motivi stilistici d’impronta novecentista. La rigidezza compositiva dei trofei sportivi della credenza e dei putti posti ai quattro angoli del tavolo denota una matrice déco, mentre la sintonia espressiva con l’arcaismo e la semplificazione plastica dello stile Novecento appare evidente nei soggetti delle figure intagliate, ispirati al tema dello sport. La scelta iconografica risale a una precisa richiesta della committenza: l’immagine del calciatore al centro della credenza fa infatti riferimento ai trascorsi calcistici di Aldo Anzellotti; la figura della sciatrice su uno degli angoli della console testimonia la passione per lo sci della moglie Bianca Cresti. Questo tema trovava peraltro precisi riscontri con il culto fascista per l’ardimento e la competizione, come metafora di un imminente impegno militare.
Chiude la sezione L’Autarca, entrato nel patrimonio della Wolfsoniana grazie a una recente donazione. Si tratta di un tavolo rotondo, dalle forme geometriche prive di decorazione, progettato dal notaio genovese Angelo Fasce (Genova 1878 – Ovada, Alessandria, 1943), che ne ottenne il brevetto nel 1936 con la definizione “Tavolo contenente tutto il necessario per il servizio dei pasti”. La caratteristica più singolare dell’opera è infatti che, grazie a un meccanismo di pesi e contrappesi, dalla sua parte centrale possono alzarsi, girando una manovella, vari piani contenenti tutto quanto è necessario per un pranzo completo. In questo modo i commensali potevano consumare il pranzo senza doversi alzare e senza l’ausilio di personale di servizio. Il tavolo è presentato con il suo “corredo” originario: i piatti in terraglia rossa della Richard-Ginori, le tazzine da caffè in bachelite, i bicchieri in vetro di Murano, le tovagliette di lino ricamato, i menu originali, oltre ad alcune fotografie d’epoca che consentono di capirne il funzionamento.