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Fondazione Palazzo Ducale Genova
Un artista nella Sampierdarena tra Ottocento e Novecento
dal 27 gennaio al 12 marzo 2023 prorogata fino al 16 aprile 2023
Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti
La mostra ripercorre l’attività artistica di Conte che, nato a Sampierdarena, vi morì, appena trentatreenne, il 4 gennaio 1919, a causa dell’epidemia di “spagnola”.
Dopo gli inizi nello studio del pittore Angelo Vernazza (1869-1937), Conte – grazie all’interessamento e agli aiuti dell’amministrazione comunale di Sampierdarena e, in particolare, del sindaco Nino Ronco – frequentò, dal 1900 al 1904, l’Accademia Ligustica di Belle Arti, e successivamente, dal 1905 al 1909, la scuola di scultura di Augusto Rivalta (1837-1925) e la Scuola libera del nudo presso l’Accademia di Firenze. Nel capoluogo toscano ebbe occasione di interagire con l’ambiente internazionale e fare
conoscenza dell’arte contemporanea europea e delle nuove tendenze opposte all’accademismo: in particolare opere del francese Claude Monet (1840 – 1926) e dei pittori inglesi Alfred East (1844-1913) e Frank Brangwyn (1867-1956).
A cavallo tra il 1909 e il 1910 compì probabilmente un viaggio, di cui non esiste tuttavia documentazione, a Parigi e a Londra, dove ebbe l’opportunità di interagire con l’ambiente artistico locale, in particolare con Alfred Field Palmer (1877–1951), assorbendo l’esperienza dell’impressionismo francese e del realismo inglese. Dopo il ritorno alla città natale, l’artista vi rimase senza ulteriori significativi spostamenti (a parte l’arruolamento durante la Prima Guerra mondiale) fino alla morte, partecipando a quell’atmosfera particolare della cittadina che stava trasformandosi in un centro industriale di primaria importanza, dando avvio, a livello socioeconomico, a una serie di esperimenti assai interessanti, come testimoniano, per esempio, le vicende del movimento cooperativo.
Allievo all’Accademia Ligustica di Tullio Salvatore Quinzio (1858-1918), fu da lui che Conte derivò il suo robusto realismo e la sua predilezione per la figura e il ritratto, come si deve al suo soggiorno parigino e londinese l’incontro con la pittura impressionista e postimpressionista che, reinterpretata in maniera decisamente originale, influenzò i suoi quadri di paesaggio. Pur restando complessivamente estraneo al clima delle avanguardie storiche e continuando a considerare l’impressionismo la sola via
della modernità, Conte portò infatti avanti una ricerca personalissima che, pur partendo dall’arte ottocentesca, si sviluppò in direzione di una potente tensione espressiva, influenzata da quel clima di idee socialiste che, nel contesto sampierdarenese, trovarono in Pietro Chiesa un autorevole divulgatore.
Nei suoi ritratti a olio, le figure emergono dagli sfondi scuri grazie a una robusta modellazione dell’impasto, in cui il colore si fa greve, contribuendo a mettere a nudo la psicologia dei personaggi.
Nei suoi paesaggi, i cui soggetti sono quasi sempre luoghi che il pittore conosceva bene e amava, domina spesso, invece, una sorta di lirico abbandono: in essi è la luce che trasfigura i singoli elementi, raggrumando un colore ricco, denso e materico. È come se, prendendo le mosse dalla poetica della Scuola dei grigi, Conte arrivasse a superare l’impressionismo per approdare in alcuni casi a esiti che – nonostante la sua vicenda appartata e, in fondo, provinciale – possono essere considerati in linea con alcune tendenze del postimpressionismo europeo.
Accanto alla produzione a olio, di grande interesse sono i suoi disegni, soprattutto a carboncino. In essi – ritratti di familiari, amici, operai, lavoratori e pescatori dell’ambiente locale – si nota un approfondimento psicologico di grande verità e umanità.
La mostra vuole anche essere l’occasione per riflettere sul contesto sampierdarenese tra Ottocento e Novecento, quando a uno straordinario sviluppo industriale della cittadina, ancora comune indipendente rispetto al capoluogo, corrispose un notevole dinamismo in ambito artistico-culturale.
Sono gli anni in cui Rivalta esegue i monumenti a Garibaldi e al pittore Nicolò Barabino. Nel 1906 Gino Coppedè progetta il padiglione di Sampierdarena all’Esposizione Internazionale del Sempione di Milano del 1906. Nello stesso periodo la civica amministrazione incarica Galileo Chini e Plinio Nomellini – reduci dal successo della Sala del sogno alla biennale veneziana del 1905 – di eseguire alcune opere pittoriche per la Villa Centurione del Monastero, che avrebbe dovuto ospitare la nuova sede del comune. Se gli interventi di Chini non furono poi eseguiti, Nomellini realizzò i due grandi dipinti Cantiere e Gente nova, presentati alla rassegna internazionale di Venezia nel 1909 e ora esposti alla Galleria d’Arte Moderna di Nervi. Ancora nel 1905 venne infine inaugurato il Teatro Arte Moderna, raro esempio di “teatro socialista”, in cui Pietro Chiesa presentò i suoi lavori teatrali e in cui era attiva una compagnia filodrammatica permanente, impegnata in repertori popolari, ma anche politici.
Di questo clima ricco ed effervescente, Conte, nonostante il suo isolamento, fu pienamente partecipe insieme ai suoi amici artisti, tra cui in particolare Arnaldo Castrovillari (1886-1919) e Giovanni Battista Derchi (1879 – 1912).
La mostra, avvalendosi di prestiti provenienti dalle varie collezioni private genovesi, è arricchita da una serie di significative opere in prestito da raccolte pubbliche, inclusa la Wolfsoniana a cui si deve l’organizzazione e la curatela della mostra, ospitata dal Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti.
A cura di Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva
catalogo edito da Sagep Editori
Inaugurazione giovedì 26 gennaio 2023, ore 17.30
Orari
sabato e domenica, ore 14.30 – 18.30